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Ove son or le meraviglie tue
O regno di Sicilia? Ove son quelle
Chiare memorie, onde potevi altrui
Mostrar per segni le grandezze antiche?


(Dal Fazello - Storia di Sicilia,
deca I,lib. VI,cap.I)



Piantina



Il sito su cui sorge la cittadina di Polizzi Generosa è stato frequentato sin dal VI secolo a.C. come documentano i rinvenimenti archeologici tra cui una moneta anepigrafa imerese. Alcuni studiosi la identificano con l'Atene siciliana di cui scrisse Diodoro Siculo e la sua rocca, proprio per la sua posizione strategica, fu contesa da Bizantini, Arabi e Normanni.
Rinvenimenti punici in area urbana sono stati studiati da Sardo-Spagnuolo (1942). Una necropoli di età classica ed ellenistica è stata scoperta da Contino (1986), che segnala dei rinvenimenti archeologici avvenuti nel 1978 e 1980. Successivamente la necropoli ellenistica è venuta alla luce durante i lavori di costruzione del nuovo istituto tecnico per geometri e i reperti rinvenuti sono oggi esposti nel locale museo.
Nel IV secolo a.C., l'abitato, grazie alla sua posizione strategica, lungo il confine tra i domini punici e quelli siracusani, dovette avere un presidio stabile e una fortezza presidiata da milizie mercenarie originarie della Campania, come attesta il rinvenimento di un ripostiglio monetale negli anni cinquanta del XX secolo. Resti romani sono pure documentati da Contino (1986). Fu un prospero centro arabo per quasi due secoli.
Sul nome di Polizzi sono state fatte varie supposizioni: di origine greca (almeno bizantina), deriva da un toponimo composto terminante in Polis (città), e ciò e confermato sia dalla grafia Bulis del geografo Al Idrisi, sia dalla documentazione di epoca normanna che presenta le grafie Polis, Polic, ecc., latinizzati in Politium e Policium.
altri studiosi fanno risalire il nome del paese dagli dei Palici, figli della ninfa Thalia, alla quale è dedicata una fonte, la Naftolia, che si trova ai piedi del colle su cui sorge la cittadina; altri storici ancora ritengono che la fondazione del paese sia avvenuta per mano dei superstiti di Palica in fuga da Ducezio.
è invece totalmente priva di qualsiasi fondamento la tesi che vorrebbe il toponimo originato da due omonime famiglie nobili (citate l'una come Palizzi, Palici o Palizzolo, l'altra semplicemente come Polizzi), entrambe molto potenti nella Sicilia del XIV secolo, poiché avvenne esattamente il contrario.
Il toponimo Polizzi è, infatti, precedente ai cognomi di queste due famiglie nobili.
I Palizzi di origine normanna, i cui appartenenti ricoprirono diverse cariche fra cui consiglieri reali e membri delle compagnie dei Bianchi di Monte San Giuliano e di Catania, durante i regni di Pietro II d'Aragona (1337 - 1242) e di Ludovico suo figlio (1342 - 1355), guidarono con i Chiaramonte la fazione Latina che si opponeva a quella dei Catalani.
Oltre a ciò il successivo ritrovamento di una statua triforme di lside, nei pressi del quartiere di Santa Maria Maggiore, ai piedi del castello, ha fatto avanzare la tesi che l'etimologia di Polizzi potesse anche derivare da "Polis Isidis", cioè Città di lside.
Secondo Amari (1880), invece, il sito di Polizzi si identificherebbe con "la Città del Re" durante la dominazione bizantina, quando le fu conferito il nome di Basileapolis.
Furono proprio i Bizantini, con l'intento di difendersi dagli Arabi, a stabilire la loro fortezza in una posizione strategica, sulla rocca su cui sorge l'odierno paese, riuscendo in questo modo a controllare le principali vie d'accesso alla Val Demone.
La dominazione bizantina durò fino all'882, anno in cui i Saraceni inflissero una dura sconfitta ai Bizantini, costringendoli a ritirarsi attorno alla chiesa di San Pancrazio, della quale rimangono alcune vestigia, e nel borgo in contrada San Pietro fuori le mura.
I nuovi dominatori invece s'insediarono nel territorio erigendo sulla Rocca una moschea (oggi Chiesa di Sant'Antonio Abate) e fissando la loro dimora nel borgo di Rahalurd (Scannali).
La conquista delle Madonie da parte dei Normanni, alla fine del 1071, segnò l'avvio di un periodo di grande sviluppo e prosperità per Polizzi, che ebbe inizio grazie all'opera svolta dal gran conte Ruggero, che fece fortificare il castello già esistente sulla Rocca e ne edificò uno nuovo in contrada Campo, in una zona strategica in quanto gli permetteva di controllare i due versanti dell'Imera Settentrionale e Meridionale e la più importante via d'accesso verso l'interno dell'isola.
Nel 1082 il territorio polizzario venne donato dal conte Ruggero alla nipote, la contessa Adelasio, Signora di Polizzi, per merito della quale il paese si estese notevolmente fino a diventare uno dei principali insediamenti fortificati dell'area madonita e riuscì a far convivere pacificamente al suo interno diverse etnie, da quella bizantina a quella araba, ma anche quelle dei latini e degli ebrei. Nel periodo angioino la cittadina mantenne floridezza entrando nell'orbita regia e divenne poi città demaniale.
Nel 1234, Federico II, impressionato dall'ottima accoglienza ricevuta, attribuì alla città di Polizzi, in quanto demaniale, l'appellativo "Generosa"che da allora è rimasto parte integrante e distintiva del suo toponimo (tanto da essere tale denominazione ufficializzata nel 1863 con RD n. 1218).
Le città demaniali avevano privilegi e prerogative importanti, e per questo motivo numerose famiglie benestanti definite "nobiles" pur non essendolo, poichè la nobiltà veniva conferita con privilegio regale, in virtù dello loro ricchezza, costruirono bellissime e sontuose dimore, ottenendo dal vicerè di attribuirsi uno stemma ereditabile.
Esse rappresentarono un ceto particolare proprio della città demaniale, comunemente noto come aristocrazia cittadina, o meglio "patriziato urbano". Tutto ciò contribuì inoltre ad alimentare una ricca e fiorente vita culturale e sociale, oltre a dare un considerevole impulso all'economia.
Nel 1282 Polizzi Generosa collaborò alla cacciata degli Angioini ed all'insediamento degli Aragonesi, partecipando ai Vespri Siciliani, e dando il proprio apporto in termini di truppe e viveri. Già nel XIV secolo il paese non solo possedeva leggi proprie, ma la suddetta legislatura si distingueva dalle altre, suscitando ammirazione per i principi di giustizia ed equità da cui era ispirata.
Ed infatti, mentre nel resto dell'isola si assisteva al progressivo diffondersi dell'anarchia feudale, Polizzi, per la fama e l'importanza che ormai aveva raggiunto, fu contesa tra i Chiaramonte ed i Ventimiglia. Questi ultimi nel 1354 ebbero la meglio e la reintegrarono al demanio regio.
Prima Filippo e poi Francesco Ventimiglia se ne assicurarono il completo dominio, sfruttando l'agitazione che interessava il governo indebolito dalle lotte tra i nobili.
La fine delle rivalità all'interno della nobiltà ed il ritorno all'ordine si ebbero solo con l'arrivo di Martino il Giovane, verso il quale la città si dichiarò vassalla, perdendo per sempre la propria indipendenza. Inoltre la guerra la indebolì al punto che Polizzi Generosa fu costretta ad indebitarsi per restare fedele alla corona e fu proprio per far fronte a questi nuovi sopraggiunti debiti, che il suo territorio venne ceduto al feudatario Raimondo Caprera. Il popolo si unì allora nella comune e ferrea volontà di riscattare la propria libertà e riuscì a raccogliere lo considerevole somma di 10.000 fiorini da versare nelle casse regie per annullare l'atto di compravendita.
Per questo motivo nel 1442 il re Alfonso di Aragona tolse la città a Raimondo Caprera e la restituì al demanio, stabilendo inoltre, il 20 aprile 1445, che non poteva mai più essere venduta e che da quel momento nessun regnante avrebbe potuto staccarla dal Regio Demanio. Si trattava di un diritto irrevocabile spettante al popolo di Polizzi, da difendere, anche con le armi, in nome dello stesso re.
Il periodo di maggior splendore e notevole fioritura artistica per il paese fu raggiunto durante il Rinascimento, grazie ai privilegi legati alla posizione geografica che la poneva al centro di un nodo viario principale del sistema di comunicazione.
Anche la vita culturale fu particolarmente attiva in quel periodo, come testimonia l'apertura della prima scuola pubblica, dell'acquedotto per l'erogazione dell'acqua a tutti gli abitanti e di una scuola di "prime lettere" estesa successivamente ai corsi di studi superiori.
La decadenza della cittadina incomincia con le difficoltà legate alla siccità del 1548 ed al diffondersi della peste nel 1575-76, che diedero inizio ad una fase di progressiva decadenza che segnò profondamente il paese, arrivando a dimezzarne il numero degli abitanti.
Superata questa fase gravosa la vita sociale della cittadina fu, però, contraddistinta da forti scontri tra i nobili al potere e gli esponenti della nuova classe borghese, detti "i civili", alle quali era stato concesso il diritto di concorrere alle cariche pubbliche.
Solo alla fine del XIX secolo si ebbe una ripresa della cittadina come testimonia la presenza di diverse attività commerciali e l'importante introduzione della luce elettrica nel 1901, prodotta a valle del paese grazie all'ingegnoso utilizzo di un vecchio mulino ad acqua, chiamato "Mulino Canziria".


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